
«Quando avvenne il cataclisma che noi chiamiamo diluvio oppure inondazione, tutta la razza umana perì a eccezione di Deucalione e Pirra che si rifugiarono sull’Etna, il monte più alto (si dice) che sorga in Sicilia. Essi non potendo sopravvivere per la solitudine, chiesero a Giove di concedere loro degli uomini oppure di annientarli come era successo agli altri.
Allora Giove ordinò di gettare delle pietre dietro la schiena: quelle gettate da Deucalione divennero uomini, quelle da Pirra donne. Questa è l’origine della parola laos (“popolo”), poiché in greco Laas significa pietra.»
Igino Astronomo, Fabulae, 153
Sicuramente un sasso è stato la prima forma di scultura dell’uomo, o almeno così dicono.
L’uomo primitivo ha da sempre raccolto sassi di svariate forme, dimensioni e colori che gli ricordavano qualcosa o ai quali attribuiva un significato.
Ma la scultura è una forma di pensiero che esiste nello spazio attraverso la materia, e il pensiero è l’azione primaria nella trasformazione della materia.
Pensiero è un termine che deriva dal latino pensum, e stava ad indicare un certo quantitativo di lana che veniva appunto “pesata” per poter essere infine passata alle filatrici le quali a loro volta avevano il compito di trattarla. Il “pensum” era quindi la materia prima, più grezza, designante metaforicamente un elemento o un tema che doveva essere secondariamente trattato, elaborato, dandogli così una nuova forma.

Per il Castello Orsini di Fiano Romano, ho deciso di lavorare sul tema dei sassi come metafora del pensiero, ma benché l’uomo ha sempre cercato i suoi sassi nella natura, così come fecero Deucalione e Pirra per generare un nuovo genere umano, io ho dovuto cercare le pietre altrove, nella selva del nostro tempo, ovvero il digitale.

Ho chiesto al software di generare dei sassi, dai quali rielaborando la forma delle sculture, assegnando dei nuovi significati, così nella sala la ricerca dei sassi è messa in scena da tre rilievi retro illuminati, collegati insieme da un ulteriore stele-schermo che simula l’elaborazione della macchina, la quale legge il testo poetico scritto da Benedetto Tudino.
L’installazione multimediale diventa l’allegoria del nostro tempo, del rapporto con le tecnologie (con l’intelligenza artificiale) della nostra società, mortificata se non pensa ( o se non pesa) ad elaborare o rielaborare i significati provenienti da questo nuovo mondo.

Tutto comincia da qui! Tutto si decide ora.
Abbiamo toccato il fondo e possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi, oppure aprirci la strada lottando verso la luce.
Possiamo scalare le pareti, un centimetro alla volta, sono sassi.
Mi guardo intorno e penso che abbiamo commesso tutti gli errori possibili, ma non è detto che non si possa rimediare.
Anche se la vita è un gioco di centimetri, e il margine di errore è ridottissimo.
Un attimo un po’ in anticipo o in ritardo e manchiamo la presa del sasso che ci terrà aggrappati alla Terra.
Anche se non ce ne accorgiamo quel sasso è dappertutto, intorno a noi, ad ogni passo in ogni pausa.
Dobbiamo combattere, quel sasso va difeso con le unghie e con i denti, perché quando andremo a sommare gli attimi della nostra vita quel sasso farà la differenza.
Benedetto Tudino